Antiproibizionismo

Tra i compiti dello Stato non c'è quello di trattare i cittadini come un buon padre di famiglia tratta i figli: cosa fare e cosa non fare col proprio corpo o quali sostanze assumere è una decisione che spetta all'individuo, che deve essere lasciato libero di operare fin tanto che non violi la libertà altrui.
Purtroppo il proibizionismo è una mentalità ancor oggi molto diffusa in Italia; in parte per il diffuso moralismo cattolico, ma soprattutto per lo strapotere della criminalità organizzata, che da sempre detiene il monopolio su commodities che potrebbero essere legalizzate. I danni per la collettività sono noti ed evidenti: mancato gettito fiscale, minor sicurezza per i consumatori.

1. Prostituzione

La prostituzione dovrebbe poter essere esercitata come un qualunque altro mestiere, con la possibilità di pagare le tasse e versare i contributi previdenziali.

2. Depenalizzazione del consumo di droghe e liberalizzazione della cannabis

Circa il 10% della popolazione italiana fa uso di cannabis, ma può rifornirsi solo su piazze di spaccio controllate dalla criminalità organizzata, in un circolo vizioso in cui tutti ci perdono. Ci perdono i consumatori, che acquistano un prodotto spesso mescolato con altre sostanze ancor più nocive e vengono invogliati dagli spacciatori a passare a droghe ancor più pesanti. Ci perde lo Stato in termini di mancato gettito fiscale (7 miliardi di euro l'anno le possibli nuove entrate per le finanze pubbliche, secondo il Comitato per il referendum sulla Cannabis legale) e di mancata creazione di posti di lavoro (35.000, secondo la stessa fonte).

L'aspetto più drammatico, tuttavia, riguarda il sistema giudiziario. Circa un terzo dei detenuti si trova in carcere per reati connessi alla droga: per un Paese con un cronico problema di sovraffollamento carcerario - cui ogni tanto si cerca di porre rimedio con indulti e amnistie estemporanee - la depenalizzazione di tali reati darebbe un contributo enorme a rendere le patrie galere luoghi vivibili. QUesto, a sua volta, renderebbe più facile trasformare le carceri in luoghi realmente finalizzati al recupero ed al reinserimento sociale dei detenuti previsto dalla Costituzione.

Vi è poi il tema dell'intasamento del sistema giudiziario: mediamente, in un anno vengono aperti oltre 200.000 fascicoli per reati connessi alla droga. Ciò contribuisce in modo determinante alla proverbiale lentezza della giustizia italiana.

I risultati negli altri Paesi

Questa situazione è comune a svariati Paesi nel mondo, ed è proprio per questo che un numero sempre maggiore di essi ha deciso di porre fine al proibizionismo.

Portogallo

Il Portogallo ha depenalizzato il possesso personale di tutte le droghe nel 2001. Contrariamente alle previsioni catastrofiste dei proibizionisti, questa decisione ha ridotto drasticamente il numero dei tossicodipendenti: se nel 2001 l'1% della popolazione era dipendente dall'eroina e si registravano 76 decessi, dieci anni dopo questi erano scesi a 10. Nel 2019, i tassi di mortalità per droga in Portogallo erano tra i più bassi dell'UE: 6 decessi per milione tra le persone di età compresa tra 15 e 64 anni, rispetto alla media dell'UE di 23,7 per milione.  I tossicodipendenti vengono oggi trattati come pazienti da curare, anziché come criminali da rinchiudere.

Stati Uniti

Negli USA sono ormai soltanto 3 gli Stati a sposare la linea del proibizionismo puro (Kansas, Idaho e Nebraska); in tutti gli altri la cannabis è (totalmente o parzialmente) legale.
Uno dei primi è stato il Colorado, nel 2012; gli effetti di tale decisione furono oggetto di analisi anni fa, e anche in questo caso smentivano completamente i pregiudizi: