Giustizia

Una giustizia giusta ed efficiente è imprescindibile per poter anche solo definire "civile" un Paese. Nel caso dell'Italia, il sistema giudiziario è purtroppo ben lungi dall'essere sia giusto sia efficiente.
Le carceri italiane non assolvono neanche lontanamente alla funzione di luoghi di rieducazione e reinserimento sociale attribuita loro dalla Costituzione; sono luoghi sovraffollati e male organizzati, da cui raramente i detenuti escono migliori. Quanto alla magistratura, vi è inanzitutto un problema di crisi fiducia in questa istituzione da parte della cittadinanza; una crisi del resto comprensibile alla luce di alcuni scandali avenuti negli ultimi anni ( caso Palamara), che hanno dimostrato quanto sia urgente una riforma organica.
C'è poi l'annosa questione della lentezza dei processi, enorme problema per l'attrattività anche economica del Paese. Le ragioni della suddetta lentezza sono molte, a cominciare dalla quantità stessa di processi che vengono celebrati: negli ultimi anni i legislatori hanno tentato di ridurne il numero incoraggiando in vari modi il ricorso a strumenti extragiudiziali (ad esempio l'arbitrato): occorre decisamente continuare in questa direzione. Altra strada da intraprendere è quella della depenalizzazione di taluni reati, a partire da quelli "senza vittime". Idem per la digitalizzazione dei processi, con buona pace di chi (principalmente associazioni di avvocati) vede in ciò una minaccia al garantismo e alla parità tra accusa e difesa.

1. Carceri

Formazione professionale in carcere, diritto al lavoro per i detenuti

La vera sicurezza non si ottiene mettendo in carcere quanta più gente possibile, ma facendo in modo che chi è finito dentro non torni a delinquere, una volta uscito. In Italia i detenuti che tornano a delinquere sono la stragrande maggioranza, ed è opinione condivisa che una delle ragioni principali sia la non applicazione del diritto al lavoro per i detenuti, considerato uno dei pilastri per l'effettivo reinserimento nella società. I numeri confermano questa tesi: secondo la relazione 2018 del Ministro Orlando, il tasso di recidiva tra chi è stato introdotto in un circuito produttivo è dell'1%, contro quasi il 70% di chi non ha svolto alcuna attività lavorativa in carcere.
Formare i detenuti in carcere e dar loro modo di lavorare è la classica situazione in cui tutti vincono: lo Stato, che vedrebbe ridursi la spesa per il mantenimento dei detenuti (una parte del loro stipendio verrebbe trattenuta come rimborso) e il tasso di disoccupazione generale, oltre a risolvere in modo strutturale un problema - quello del sovraffollamento delle carceri - che si protrae da anni e costa milioni di euro di multa da parte dell'Europa; la collettività godrebbe di una reale maggior sicurezza; e ovviamente i detenuti stessi, che avrebbero molte più possibilità di rifarsi una vita.
Riteniamo dunque prioritario intervenire in quest'ambito, individuando i modelli di carceri più virtuosi (ad esempio quello di Bollate) e cercando di estendere le best practices sul tutto il territorio nazionale e cercando un maggior coinvolgimento delle aziende private.

2. Separazione delle carriere dei magistrati

Separare la magistratura requirente da quella giudicante, con due distinti organi di autogoverno (CSM).

3. Digitalizzazione dei processi

4. Riforma del processo civile