Manifesto

Essere libertari significa prima di tutto credere che la libertà, intesa come facoltà di fare tutto ciò che non nuoce ad altri, sia il più importante valore politico della civiltà moderna. La sua tutela è il fine, non un mezzo per ottenere altro. Significa ritenere che uno Stato dovrebbe vietare solo ed esclusivamente quei comportamenti individuali che limitano la libertà altrui; i giudizi morali della maggioranza, le tradizioni, le religioni et similia non possono costituire motivi validi per limitare la libertà individuale.

Essere libertari significa volere una società fondata sulla pace, sulla prosperità, sulla tolleranza, sulla collaborazione tra individui.

Significa volere tutto ciò perché si ha chiaro che sono stati questi, e non altri, i fattori che hanno permesso all'umanità di progredire negli ultimi due secoli molto più di quanto avesse fatto nei precedenti millenni. Nel mondo di oggi esistono ancora la povertà, le diseguaglianze, le persone che muoiono di fame e molte altre ingiustizie; ma - numeri alla mano - esistono in misura straordinariamente minore di quanto non esistessero fino a due secoli fa. Agli inizi del XIX secolo la percentuale di persone che vivevano in povertà assoluta era superiore all'80%; oggi quella percentuale è scesa ben al di sotto del 10%. Un individuo appartenente alla classe media di un Paese occidentale odierno dispone di più comodità di quante ne avessero i sovrani assoluti francesi del 1700.

Come si è arrivati a questo risultato? Semplice: dando più libertà agli individui e togliendo potere allo Stato. Se nell'Ancien Regime c'erano l'assolutismo politico, il protezionismo economico e il bigottismo religioso, oggi nel mondo evoluto ci sono le democrazie liberali, il libero mercato e la laicità. Le persone sono state lasciate libere di commerciare, di fare ricerca scientifica, di seguire le proprie passioni. Ed è il motivo per cui abbiamo gli smartphone e il turismo spaziale.

Perché è importante ribadire questi concetti, nell'a.d. 2022? Perché sempre più persone li mettono in dubbio. Si sta diffondendo la convinzione che i grandi problemi del mondo - cambiamento climatico, guerre, povertà, diseguaglianze -possano essere risolti soltanto con una sorta di ritorno all'era pre-industriale, o quantomeno con una robusta frenata di tutto ciò che ci ha condotti fin qui: meno progresso tecnologico, meno globalizzazione, meno libertà economica e civile.

Noi crediamo sia vero il contrario, ed è una convinzione fondata su evidenze empiriche, statistiche, numeriche.

La povertà esiste ancora, ma guarda caso si concentra proprio in quei Paesi in cui c'è meno libertà economica.

La lotta al cambiamento climatico non può essere vinta senza il contributo della tecnologia e della concorrenza, in un'economia di mercato: è grazie a questi fattori che l'umanità oggi ha imparato a produrre di più con meno, a generare energia pulita, a riciclare.

Eppure su scala mondiale assistiamo ad un'ondata senza precedenti di populismi, tanto di destra quanto di sinistra. Si è tornati a ragionare per tribù e corporazioni di appartenenza. Chi si candida a governare si erge a difensore del "vero" popolo contro i suoi presunti nemici: a destra ciò si declina nella formula "patrioti vs nemici della Patria", a sinistra in "poveri contro ricchi".

Noi continuiamo a pensare che alla base di ogni società ci sia l'individuo, non i gruppi a cui appartiene.

Noi continuiamo a pensare, come i rivoluzionari francesi nel 1789, che gli Stati nascano per comune accordo degli individui, e che il loro fine sia quella di tutelare i diritti inviolabili degli individui stessi: libertà, proprietà, sicurezza e resistenza all'oppressione.

Patente per il voto: è arrivata l'ora

"Cinque italiani su cento tra i 14 e i 65 anni non sanno distinguere una lettera da un’altra, una cifra dall’altra. Trentotto lo sanno fare, ma riescono solo a leggere con difficoltà una scritta e a decifrare qualche cifra. Trentatré superano questa condizione ma qui si fermano: un testo scritto che riguardi fatti collettivi, di rilievo anche nella vita quotidiana, è oltre la portata delle loro capacità di lettura e scrittura, un grafico con qualche percentuale è un’icona incomprensibile. Secondo specialisti internazionali, soltanto il 20% della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea."

Tullio De Mauro

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