Sanità

Miti da sfatare

Un mantra che si sente spesso ripetere da molte parti è che la sanità pubblica (leggi: statale) in Italia rappresenti un'eccellenza mondiale, nonostante "continui tagli" da parte dei vari governi, che avrebbero agito tavolta volontariamente, altre volte costretti dall'"Europa dell'austerity neoliberista". Durante la pandemia si è ulteriormente rafforzata, presso l'opinione pubblica, la convinzione che la strage causata dal COVID-19 sarebbe potuta essere ancor più grave, se non avessimo avuto il SSN che abbiamo; controprova di ciò sarebbe il fatto che la Regione più colpita - in termini di vittime - è quella Lombardia che da anni sta andando verso un sistema più "alla tedesca", con il pubblico che si pone in concorrenza col privato, anziché demonizzarlo e ostacolarlo.
Come spesso accade, queste ferree convinzioni nazional-popolari crollano davanti ai numeri e alle statistiche.

Per prima cosa, occorre notare che l'Italia, nella classifica mondiale dei Sistemi Sanitari stilata dalla CEOWorld Magazine, si trova al 37esimo posto, ben lontana non solo dalla vetta assoluta, ma anche dalle prime 10 posizioni. Tale classifica è "un'analisi statistica della qualità complessiva del sistema sanitario, che comprende: le infrastrutture sanitarie, le competenze degli operatori sanitari (medici, personale infermieristico e altri operatori sanitari), il costo (misurato in dollari/persona), la disponibilità di farmaci di qualità e la disponibilità del governo". Si tratta insomma di una valutazione un po' più accurata rispetto alla mera considerazione dell'aspettativa di vita, che peraltro può non dipendere esclusivamente dal sistema sanitario. Come si può notare, nelle prime 10 posizioni della suddetta classifica si trovano Paesi con sistemi sanitari modello Bismarck, Paesi che hanno adottato il modello Beveridge e Paesi che hanno sistemi sanitari misti. Non vi sono dunque evidenze statistiche sufficienti per affermare che esista un modello intrinsecamente migliore di un altro; ciò che si può fare è analizzare cosa funziona e cosa no nell'attuale sistema italiano, e capire se valga la pena mantenere lo status quo o meno.

Piani di rientro e sanità commissariate

Un primo fattore da sottolineare per l'Italia, in materia di efficienza del sistema sanitario, è la marcata differenza che esiste tra le Regioni; molte di esse (per l'esattezza 7, nel momento in cui viene scritto questo pezzo) sono sottoposte alla disciplina dei Piani di rientro, e due (Calabria e Molise) sono commissariate. Né sono mancati scandali anche in quelle con i conti a posto: si pensi alle vicende giudiziarie di Formigoni o alla più recente sanitopoli umbra. In tutti questi casi c'è un comune denominatore: l'utilizzo della sanità da parte della politica per gestire consensi clientelari. Che si tratti di soldi pubblici girati ad ospedali privati in cambio di tangenti, o che si tratti di concorsi pilotati per far diventare primario d'ospedale qualche protetto dal partito di turno, l'ingerenza della politica pare evidente.

E questo è un primo, valido motivo per prendere in considerazione l'idea di riformare la sanità adottando il modello Bismarck (cioè basato sulle assicurazioni sanitarie obbligatorie, pubbliche o private): un sistema in cui il finanziamento ai singoli ospedali non arriva "dall'alto" - sotto forma di rimborsi dalla Regione - ma "dal basso" - sotto forma di pagamenti da parte delle assicurazioni sanitarie per i propri clienti - ridurrebbe a monte le possibilità di corruzione.